In Italia, la green economy vale già oltre 100 miliardi di euro, che equivalgono a circa il 10% dell’economia nazionale. Oggi, nel nostro Paese, più di un’azienda su cinque investe in sostenibilità ambientale– dando origine a oltre 3 milioni di posti di lavoro in ambito green – e i numeri continuano a crescere. La tendenza positiva, inoltre, non riguarda unicamente la nostra nazione, ma anche l’estero: basti pensare che, secondo il “Report on US Sustainable, Responsible and Impact Investing Trends”, dall’anno 2005 all’anno 2016, negli Stati Uniti gli investimenti sostenibili sono cresciuti del 33%. La spiegazione risiede nella natura e nella mole dei ritorni generati dalla green economy.
I cosiddetti SRI (dall’inglese Social Responsible Investment) sono infatti in grado di portare benefici tangibili all’impresa su diversi fronti, misurabili nel medio e nel lungo termine: in termini di export, ad esempio, va considerato il ruolo strategico che l’impatto ecologico riveste nel favorire il posizionamento di un’impresa sui mercati esteri; oltretutto, l’aumento delle esportazioni si riflette, nella maggior parte dei casi, anche in un incremento in termini di ricavi. Per fornire qualche dato a supporto, la percentuale di aziende che ha visto crescere il proprio fatturato supera, tra quelle green, il 27%, in confronto a un 20% delle altre. Un altro fattore di rilevanza economica riguarda le agevolazioni in termini di accesso al credito, corollario di una sempre maggiore attenzione dedicata alla sostenibilità ambientale da parte delle agenzie di rating e delle banche.
L’obiettivo degli SRI è, pertanto, duplice: da un lato, il ritorno economico e, dall’altro, l’impatto sociale. Mentre il secondo obiettivo è imprescindibile, il primo può non esserlo: si pensi ad esempio al community investment, che prevede, da parte di un’impresa, il finanziamento di un’organizzazione impegnata in un progetto volto al bene della comunità. In tal modo, l’impresa che investe, trasformando in azioni tangibili i valori che la ispirano, ha la possibilità di esprimere la propria morale, generando riscontri positivi anche in termini di visibilità in un contesto sempre più sensibile al tema; una strategia di Green Marketing in grado di comunicare correttamente il reale impegno etico dell’azienda, in antitesi rispetto alla mera esteriorità del greenwashing, comporta infatti un proporzionale ritorno sull’asse della reputazione aziendale.
I criteri di valutazione degli investimenti sostenibili prendono in considerazione più variabili complementari fra loro, che l’Unione Europeasintetizza efficacemente nei principi ESG (Environmental, Social, Governance): il parametro ambientale (all’interno del quale si inserisce l’economia circolare), l’impatto sociale e le politiche di management. La misurazione su base multidimensionale degli SRI mette in luce ancora una volta quanto essi siano lo specchio di una cultura aziendale integralmente fondata sulla sostenibilità in quanto principio in grado di permeare ogni ambito dell’organizzazione.
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