A volte un premio dice più di molte parole. Per noi conta il contesto prestigioso – il Green Chain Award consegnato durante il Milano Fashion Global Summit – l'autorevolezza della giuria che include Raffaello Napoleone, Flavio Sciuccati, Andrea Crespi, Roberto Procaccini, Francesca Diviccaro, Giulia Pessani, Stefano Roncato e Nicole Bottini, e soprattutto la concretezza della motivazione.
"Per aver impostato il processo di economia circolare attraverso una struttura light che ha dato sviluppo a una supply chain specializzata e basata sul tessuto produttivo di Ravenna. Il modello di Regenesi si basa sulla simbiosi industriale, processo che aumenta l'efficacia con cui si fa economia circolare, estendendo la sua applicazione dalla categoria borsa e accessori allo sviluppo di prodotti diversi e particolari, a seconda dell'esigenza del partner e dai suoi materiali di riferimento che sono al centro del processo creativo di recupero."
Perché Regenesi
Abbiamo scelto di costruire un ecosistema. Differenza sostanziale. Un ecosistema non è una collezione di buone intenzioni: è un organismo che funziona perché ogni parte alimenta l'altra in un sistema di relazioni fattive.
Gli artigiani italiani non sono folklore nel nostro racconto, sono il cuore pulsante che realizza. L'eco-design non è un vezzo estetico, è il linguaggio che usiamo per far dialogare recupero e desiderio. I designer e i creativi non decorano il progetto, lo rendono possibile. La ricerca tecnologica non è un accessorio, è ciò che trasforma lo scarto in materia prima seconda.
La struttura light – a noi piace dire "a rete" – si basa sul principio della somma delle intelligenze e delle competenze. Invece di costruire uffici e procedure, abbiamo costruito relazioni. Cerchiamo ogni giorno di fare in modo che chi lavora a un progetto di recupero dagli scarti aziendali parli con designer d'avanguardia, che chi studia nuovi polimeri sostenibili collabori con chi conosce le mani degli artigiani.
Crediamo che il bello sia sostenibile. La nostra visione, che perseguiamo da 17 anni, necessita di nuovi linguaggi organizzativi che utilizzano il dialogo e il confronto – non al ribasso, ma al rialzo delle aspettative.
Un approccio che guarda avanti
Questo premio ci dice una cosa importante: il nostro non è un esperimento, è un approccio per guardare il futuro con coraggio, responsabilità e ricerca del bello e del buono. Il futuro non si improvvisa, si costruisce. E si costruisce ripensando come agiamo.
L'economia circolare non è riciclare qualche bottiglia di plastica. È riprogettare l'intero flusso: da cosa produci, a come lo produci, a chi coinvolgi, a come comunichi. È prendere un materiale di scarto – una lattina, un tessuto dismesso, uno scarto industriale, un reso di magazzino – e trasformarlo in qualcosa che qualcuno desidera. Non per "pietà ecologista" (noi li chiamiamo “brutti ma buoni”), ma perché è bello, funzionale, necessario e accattivante.
Ogni volta il processo creativo si adatta, trova soluzioni, genera valore. Stiamo lavorando per facilitare anche questa parte di generazione di alternative attraverso l'utilizzo dell'AI.
La responsabilità verso il futuro
L'ONU definisce la sostenibilità così: lasciare alle generazioni future almeno le stesse opportunità che abbiamo avuto noi. Non è retorica. È un parametro di misura preciso. Ogni volta che progettiamo qualcosa, dovremmo chiederci: questo consuma opportunità o le genera?
Per rispettare questo principio, non basta fare meglio quello che abbiamo sempre fatto. Bisogna ripensare le connessioni. Uscire dalla zona di comfort del "si è sempre fatto così" – la nemesi dell'innovazione, la scusa perfetta per non cambiare nulla mentre intorno tutto cambia.
Siamo in una transizione epocale. In questi momenti, replicare acriticamente il passato non è prudenza, è suicidio. Chi continua a fare "come si è sempre fatto" sta semplicemente scegliendo di diventare irrilevante.
Il paradosso è che molti pensano che innovare sia rischioso. La verità è esattamente il contrario: in una transizione epocale, il rischio vero è non innovare. È credere che le vecchie regole continueranno a funzionare in un mondo nuovo. È confondere la stabilità con l'immobilità.
Noi abbiamo scelto di muoverci. Di mettere in discussione ogni passaggio. Di costruire una filiera che non esisteva. Di lavorare con materiali che altri consideravano rifiuti. Di coinvolgere artigiani che altri consideravano obsoleti. Di immaginare prodotti che altri consideravano impossibili.
Cosa significa questo premio per noi
Il Green Chain Award non ci dice che avevamo ragione, ci dice che non siamo soli. Che c'è una parte del sistema moda e del sistema produttivo italiano, che vuole cambiare con coraggio sapendo che il futuro è di chi lo sa immaginare.
Vuoi costruire insieme a noi un progetto di economia circolare? Scrivici qui e organizziamo una call.