Oggi è una giornata tristemente simbolica per il settore della moda: si ricordano i 10 anni dalla tragedia del Rana Plaza in Bangladesh (2013),durante la quale persero la vita 1.134 operai tessili.
Da quel giorno molte cose sono cambiate: attivisti, associazioni, enti, aziende e consumatori hanno collaborato alla diffusione di un messaggio che ci renda più consapevoli di quello che c'è dietro alla filiera della moda che indossiamo, sensibilizzando verso un approccio che integri sostenibilità economica con la sostenibilità sociale ed ambientale. Ma questo non è ancora abbastanza.
Secondo un report della Ellen Mc Arthur Foundation (2017) la filiera del Fashion è la 4° per impatto ambientale dopo quelle del Trasporto, del Cibo e dell’Immobiliare. Questo settore è responsabile di circa il 20% dello spreco globale di acqua e, secondo una stima dell’Unione Europea (2021), ogni anno circa 14 chili di vestiti pro-capite diventano rifiuti, dei quali solo l’1% viene riciclato o rigenerato. L’industria della moda è inoltre “responsabile di oltre l’8% delle emissioni totali di gas serra” si legge sulla pagina ufficiale dell’Earth Day 2022.
Il settore fashion si classifica, purtroppo, anche tra i principali responsabili dell'inquinamento dell’acqua per via delle sostanze chimiche e dei coloranti in esso impiegati: «La coltivazione del cotone consuma più pesticidi di qualsiasi altra coltura e la pesante irrigazione necessaria porta questi pesticidi nei fiumi e nelle falde acquifere circostanti» si legge ancora sulla pagina ufficiale dell'Earth Day 2022.
Un altro fattore allarmante è che il 60% di tutti gli indumenti è costituito da fibre sintetiche come il poliestere, un derivato del petrolio che contiene alti livelli di microplastiche. Il lavaggio degli indumenti sintetici rilascia dunque microplastica e contribuisce al 35% di tutto l’inquinamento da microplastica oceanica.
Il giorno della tragedia al Rana Plaza si stava producendo per alcuni dei grandi marchi del Fast Fashion; secondo una indagine di Clean Clothes Campaign in Asia, Africa, Sud America ed in molte parti dell’Est Europa gli operati coinvolti nei processi di produzione per oltre il 90% non percepiscono un salario adeguato. In questi casi il costo della manodopera diretta di produzione pesa per meno del 1% del costo del prodotto che acquistiamo. Il modello della sovraproduzione che poi da vita a scarti che vengono dispersi nell’ambiente è controproducente per l’ambiente e per uno sviluppo equo e sostenibile.
In questo contesto l ’Unione Europea è intervenuta in termini regolatori al fine di facilitare una transizione sostenibile nel settore della moda. Entro il 2025 è prevista, da parte di tutti i Paesi membri, l’adozione di una regolamentazione che obblighi le aziende del settore ad affrontare in maniera strutturata l’introduzione di logiche e pratiche di economia circolare.
Noi con Regenesi, azienda pioniera nell’ambito dell’utilizzo di pratiche di economia circolare nel settore della moda abbiamo affrontato il tema decidendo di produrre utilizzando sempre materiale rigenerato o recuperato e producendo esclusivamente in Italia; integrando logiche di eco-design (prodotti senza tempo, riciclati e sempre riciclabili) in ogni cosa che facciamo. In 15 anni abbiamo imparato anche molto su tecnologie a monte: abbiamo quindi deciso di fondare Regenstech start up che, attraverso l’utilizzo di un innovativo sistema di trasformazione dei rifiuti industriali e civili in ambito moda, da vita ad una nuova materia prima seconda dalle molteplici potenziali applicazioni.
Il progetto nasce nel 2019 quando abbiamo dato vita ad un team di R&D che fosse in grado di progettare e realizzare in tutte le sue componenti una soluzione integrata per la trasformazione dei rifiuti del settore moda e oggi disponiamo di un insieme di brevetti, marchi, progetti e soluzioni testati in modo efficace.
Regenstech si configura quindi come la prima start up innovativa sul mercato in grado di:
Per saperne di più, visita il sito Respetto.it
L’indignazione che suscita questa giornata speriamo si trasformi nella volontà di trovare soluzioni che permettano alle persone di fare un passo in avanti in questo ambito.